Bennet si riferisce, in ambito cognitivista e neuroscientifico, principalmente alla critica rivolta al concetto di Errore categoriale formulata da Gilbert Ryle nel suo libro "The Concept of Mind" (1949).
Daniel Dennett, Peter Hacker, Maxwell Bennett e John Searle sono tra i filosofi che hanno dibattuto l'interpretazione e l'applicazione dell'errore categoriale di Ryle, in particolare nel contesto delle neuroscienze.
L'approccio di Bennett si concentra principalmente su come i neuroscienziati utilizzano il linguaggio psicologico e filosofico nello studio del cervello. La sua critica principale riguarda l'attribuzione di Proprietà psicologiche al cervello, invece che all'intera persona. Per Bennett, parlare del cervello come se pensasse, credesse o decidesse è un errore categoriale. Queste attività, secondo la sua prospettiva, appartengono all'individuo nel suo insieme, non a una sua parte.
In sintesi, il contributo di Bennet al cognitivismo risiede principalmente nella sua analisi critica del linguaggio utilizzato nelle neuroscienze e nella sua insistenza sulla necessità di evitare l'attribuzione impropria di proprietà psicologiche a entità sub-personali come il cervello. Questo solleva importanti questioni metodologiche e concettuali sull'interpretazione dei risultati della ricerca neuroscientifica e sulla comprensione del rapporto mente-corpo. Il suo lavoro, spesso in collaborazione con Maxwell Bennett, è volto a chiarire le Relazioni tra mente e cervello.
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